Santa Crus 2002

14 marzo 2002
Ritornano i “Rumìt de le Capele”

Il Comitato Organizzatore si costituisce in Associazione permanente e, resuscitando la figura storica del Rumìt, invita artisti, fotografi, artigiani e imprenditori della Valle a partecipare attivamente alla manifestazione attraverso contributi economici o personali. L’ottimale riuscita dipenderà anche dalla generosità dei loro contributi.
Sussurri e mistero sul programma: novità e tradizione
A poco più di due mesi di distanza dalla sua celebrazione la Santa Crus di Cerveno è una piena ed avanzata fase organizzativa, ma poche notizie trapelano da parte del Comitato Organizzatore, tanto sul programma quanto sul rispetto della tradizione ed ancor più su sussurrate notevoli novità.
Il Comitato condotto con piglio sicuro da Noemi Belfiore, in qualità di Presidente e da Monica Bazzoni (Segretario), lavora e si riunisce da oltre un anno: in paese da mesi fervono i preparativi che coinvolgono la quasi totalità dei cittadini, donne, adulti e bambini; tutto fa pensare ed una edizione ancora più memorabile di quella pur grandiosa del 1992. Ma le carte vengono scoperte una ad una con calcolata o apparentemente misteriosa parsimonia.
Alcune importanti notizie sono però trapelate e ormai note a tutta la popolazione.

Fondata l’Associazione Santa Crus Cerveno. Anzitutto dopo decennali propositi in merito, il Comitato Organizzatore (che in precedenza veniva eletto e durava in carica per tutto il solo periodo dello svolgimento della manifestazione) ha ora promosso e fondato una Associazione permanente denominata Associazione Santa Crus Cerveno alla quale passerà la mano, una volta chiusi i bilanci della Santa Crus 2002. Ritorneremo sul tema in un prossimo dettagliato articolo.

Buoni rapporti. In secondo luogo si è instaurato un clima ed un rapporto di reciproca e soddisfacente collaborazione tra Comitato Organizzatore, Comune e Parrocchia, tali da smentire nei fatti le passate e ricorrenti voci su dissidi e incomprensioni tra tendenze laiche e cattoliche.
Rispetto, dialogo e riunione degli sforzi sono oggi pienamente condivisi da tutti.

Due domeniche per passare il testimone ai nuovi attori. La terza notizia importante riguarda l’esecuzione della manifestazione che quest’anno, per la prima volta in assoluto si terrà per ben due volte, in due domeniche successive e cioè domenica 12 maggio e domenica 19 maggio. Non si tratterà però della medesima Via Crucis vivente, in due date diverse. Infatti mentre domenica 12 maggio gli interpreti saranno quelli “storici” e un po’ attempati del ’92 (Cristo sarà interpretato da Alberto Guarinoni e la Madonna da Maria Groli) il 19 maggio costoro passeranno il testimone alle nuove leve pronte a sostituirli: Bettineschi Damiano, 23 anni, impersonerà Gesù e Monica Bazzoni, 28 anni, sarà la nuova Madonna. Anche altri importanti personaggi cederanno il passo ai giovani: a Flavio Bazzoni, storico “Lisgia cagnì” (colui che liscia il pelo al cagnolino), che col suo cane nero al guinzaglio, dava inizio al sacro corteo, subentrerà un dodicenne entusiasta, Mario Cappellini, che già si è calato ne ruolo.
Molte e dolorose le assenze di personaggi amati ed ammirati nelle precedenti edizioni ed ora prematuramente scomparsi. Il loro ricordo vive nei cuori di amici e parenti e nelle loro immagini nella Santa Crus.
La magia della Santa Crus è anche questa: sentirli presenti come allora!

Tra le due domeniche Cerveno paese aperto: convegni, dibattiti, mostre, folklore e gastronomia locale.
Quarta novità è quella dell’apertura delle case, delle aie, dei mulini, delle curt, degli involt, dei tabiát, delle cantine, delle scuole, del caseificio, della sala per ospitare mostre d’arte, artigiane, fotografiche proiezioni di diapositive e filmati su precedenti edizioni.
Convegni e dibattiti con professori universitari di fama internazionale, sul tema della Croce e con affermati studiosi locali della storia, la vita, l’arte, la religiosità, il folklore popolare di Cerveno attraverso gli ultimi secoli; ed ancora stand gastronomici dove gustare prelibate specialità locali; soprattutto ci sarà tanta voglia di manifestare ancora una volta la consueta ospitalità di Cerveno, “paese aperto” ad ospiti e visitatori come da secolare tradizione.

Agli imprenditori della Valle: contribuisce anche economicamente!
Forse l’iniziativa più coraggiosa il Comitato Organizzatore l’ha presa decidendo di chiedere in modo palese agli imprenditori di tutta la Valle Camonica di partecipare in modo attivo e concreto alla realizzazione di questa Santa Crus.

Chiedere per un fine nobile non porta vergogna! Anzi…
Memore che la realizzazione del santuario della Via Crucis fu il frutto dello sforzo economico di tutta la Valle già nel corso del 1700 e poi di nuovo nel 1835 quando, “necessitando la struttura di consistenti lavori di consolidamento, gli stessi furono finanziati con le elemosine raccolte in ogni paese della Valle stessa e persino col ricavato di una colletta straordinaria effettuata nell’intera provincia grazie al fattivo sostegno dell’Imperial Regio Consigliere Delegato di Bergamo dottor Giovan Battista Bozzi” (archivio parrocchiale di Cerveno, documento del parroco Giuseppe Griffi 1835-37), consapevole che la Santa Crus viene sostenuta da sempre anche dai contributi provenienti da cittadini dei paesi vicini e che nelle ultime 3 edizioni (1972-1982 -1992) decine di migliaia di valligiani hanno partecipato da pellegrini e spettatori alla sacra rappresentazione, deciso a fare di più e meglio rispetto alle pur straordinarie precedenti edizioni, il Comitato Organizzatore ha previsto un nutrito programma, economicamente molto oneroso e tale da suggerire una pacata richiesta di sostegno finanziario sia da parte delle istituzioni (Comune, Comunità Montana, Bim, Provincia e Regione) che dei singoli imprenditori valligiani sollecitati a contribuire con versamenti sul C/C POSTALE 32573222 intestato al Comitato Organizzatore Santa Crus Cerveno.
L’invito è ovviamente rivolto ad ogni singola persona che voglia sostenere economicamente questa importante manifestazione.
Ha poi incaricato alcuni membri del Comitato stesso, moderni Rumìt, di passare presso i singoli imprenditori per raccogliere i contributi economici.

Ma che erano i Rumìt de la Capèle?
A volte ritornano… è proprio il caso di dirlo a proposito dei Rumìt, figure storiche a torto ritenute minori nella diffusione dell’idea della costruzione del santuario della Via Crucis di Cerveno e incaricati di batter le contrade di ogni remoto paese della Valle per raccogliere granaglie, vivande, legna, ferro ed ogni genere di contributo destinato alla “Fabricha de la Capèle de Harvè”. Per la verità il termine Rumìt (o Romitto) ebbe attraverso i secoli a Cerveno, almeno tre significati o stratificazioni storiche, designando dapprima, almeno dal 1400 al 1700 inoltrato, laici e religiosi che conducevano vita eremitica e di preghiera in luoghi isolati (da Cerveno la fonti ricordano Giacomo Elmetti, Domenico Rebuffoni, Francesco Bombarda, Giovanni Scaramella, Giuseppe Camillo Bona, Giovanni Mondoni); dal 1750 circa, col procedere dei lavori della “fabricha”, il termine Rumit passo a designare quegli 2 eremiti che andavano alla cerca”, paese per paese, di sostegni economici per le erigende Cappelle. Nel libro A della spese della fabricha, giacente nell’archivio parrocchiale di Cerveno, in data 31 novembre 1753 figurano “lire 3 spese fatte ad oggi alli due questuanti”. Ma per oltre quindici anni i questuanti furono parecchi ed operanti su tutto il territorio della Valle ed anche oltre, con ottimi risultati se addirittura si decise di costruire loro una casa, dotandoli di tutto l’occorrente e spesandoli di vitto, vestiario, coperte ecc. Due in particolare vengono ricordati a partire dal 1764: un certo Fra Felice Tomasi da Canè, al quale viene prestata una “parolina” (paiolo) e che diventerà famoso per le ingenti spese di risuolatura delle “sappatte” consumate alla cerca e che dopo due anni di questua il 12 febbraio 1766 se ne partirà…” furtivamente dal servizio del Santuario portando via habiti, vestimenti cioè mantello, sappatte nuove, due sendarij, due para mutande, un cappello nuovo, una foglia di tabacco” per un importo di lire 121 pari a circa 2500 Euro odierni (circa 5 milioni in Lire). Come si sa ogni epoca ha i sui furbi…
Il secondo, Fra Giuseppe Chiappini Eremita, gira la Valle in lungo e in largo, distribuendo e vendendo centinaia di pazienze, libretti della Via Crucis, corone ed altro e raccogliendo contanti, ferro, mobili, peltro, filati, granaglie, persino un asino, per un valore totale di circa 2000 lire dell’epoca (circa 80 milioni di Lire o 40000 Euro odierne).
Costa però troppo alla fabricha per spese varie ed affitto accordato sulle elemosine, ragion per cui il Parroco Don Bressanelli memore anche dell’esperienza avuTA COL Tomasi, chiuderà i conti con i Rumit scrivendo “sono stati tutti due di danno e spesa ed anche disdoro del paese… onde è meglio per prova fatta, non admettere Ramiti”.
Ma i Ramiti continuarono ad esistere in ogni epoca impersonati dagli abitanti di Cerveno che diventeranno essi stessi collettori di beni e contributi, per le cappelle fino alla loro ultimazione e per la Santa crus ogni 10 anni fino ad oggi.
E’ ad uno di questi Rumìt, vissuto verso la metà del 1800, che la tradizione popolare fa risalire l’istituzione ufficiale della festa della Santa Crus. La figura mitica di questo istitutore( tal G. Maria Bazzoni, laico e sposato con figli) è probabilmente la somma, nell’immaginario collettivo, di più figure di benefattori – Rumìt – succedutesi nei secoli e consolidatasi sul nome di un personaggio realmente esistito, grande benefattore non della Santa Crus ma del Santuario, del quale Don Bressanelli, scrive ne registro delle spese “a dì marzo 1764 il suddetto Giovanni Maria Bazzoni oggi è passato all’eternità e nel suo testamento rogato dal signor Giovanni Priuli, nodaro di Cemo, lì 6 detto a lasciato per via di legato alla fabricha il sudetto capitale di Lire mille in suffragio dell’Anima sua et cetera dico Lire 1000” comunque sia dalla seconda metà del 1800 il termine Rumìt assume il terzo ed ultimo significato quello di cui che era incaricato di tenere aperto il santuario in occasione delle feste pasquali, dell’ottava di Pasqua, “domenica in albis” ed il 3 maggio Festa della Invenzione della Croce (rinvenimento attribuito a S. Elena madre dell’imperatore Costantino il Grande).
Ciò è testimoniato da Mondoni Giacomo e Pietro figuranti nella prossima Santa Crus “…nostro nonno Pietro fu l’ultimo Rumìt de le Capèle, incaricato sia di raccogliere soldi per la Via Crucis sia di tenere aperto il Santuario nel periodo pasquale o in particolari ricorrenze”. La sorella Mondoni infatti continua ancora oggi a collaborare all’apertura del Santuario… e la storia del Rumìt continua anche al femminile…

25 marzo 2002
Il cuore profondo e misterioso della Santa Crus

Torni a Cerveno con la curiosità sorniona del cronista navigato che già ha vissuto qualche edizione della Santa Crus, che già ha condiviso il bagno di folla festosa del 1972, del 1982 e quello incredibile del 1992. Scrupolosamente hai man mano registrato gli autorevoli pareri delle Istituzioni, del Sindaco, del Presidente pro tempore del Comitato.
Hai annotato e riportato il contenuto dei dotti ed interessanti dibattiti sulla Santa Crus che mano a mano, nelle diverse edizioni, sono stati organizzati ed hanno ribadito lo spessore religioso e culturale su una manifestazione unica e diversa, non facilmente inquadrabile sotto stucchevoli etichette e letture di parte.
Hai intervistato gli attori, gente del posto spontanea, a volte smaliziata e sorniona, rude e senza fronzoli ma sempre ironica e accogliente, attenta, gentile e disponibile.
Ne hai avvertito la cultura di fondo come il gorgogliare di un fiume carsico che a volte compare in superficie per poi sparire nei meandri sotterranei di una cultura antica, atavica e moderna insieme.
Hai avvertito sempre la magia indefinibile ed accattivante di una programmatica sapienza che partendo dalla religiosità si trasforma in sentita partecipazione civile, appassionata persino, che travalica laicismo e religiosità per esprimersi in vera festa di popolo, al di là dei ricorrenti credo politici, culturali, storici e religiosi.
Sempre hai avvertito che la vera essenza della Santa Crus era più profonda e vitale, poco leggibile ma operante più di quanto superficialmente apparisse.
Ti sei reso conto che i libri, i saggi e le varie pubblicazioni edite sul merito ti hanno dato chiara visione di sfaccettature ma non hanno esaurito gusto e curiosità di percepirne il cuore pulsante. Questo cuore profondo era sempre altrove, misterioso e ammiccante, ora più lento ora più tumultuoso e scomposto ma sempre vitale. Fra una sfida a scavare, un invito alla ricerca, alla riflessione spogliata dalle quotidiane inquietudini ed apparenze, ti rendevi conto che le letture, i contrastanti pareri, la fine esegesi artistica, folklorica e religiosa, erano parte del quadro ma non era il “significato del quadro” che era sempre oltre. Percepivi che tutto era vero ma parziale;
Testori e la sua dissacrante lettura de la capéle di Beniamino Simoni che animò il dibattito degli anni ’80 ed ancor oggi fa dissentire;
Minervino e la monumentale opera da poco edita, fortemente voluta dal Comune di Cerveno;
Gasparatti ed Ertani con l’interpretazione strettamente circoscritta a pietà e religiosità;
Lorenzi e Piccaluga e Signorotto e Bondioni con la loro lettura più storicistica degli anni novanta, Baget Bozzo e la sua interpretazione cristologica centrata sull’odierna sofferenza dell’Uomo;
Sordi e Rabaglio con l’esegesi folklorica e fuori per le strade parade di Cerveno la percezione della gente comune, operaia o imprenditrice, semplice o colta ma che da sempre sa che i veci, con la Santa Crus hanno lasciato in eredità un incommensurabile patrimonio, maestro di vita se si sa e lo si vuole ascoltare e praticare da un decennio all’altro, spogliato da ideologie e sovrastrutture mentali.

L’eredità dei “veci”: patrimonio di convivenza civile. Ma allora qual è questo significato profondo e sfuggente della Santa Crus, talmente significativo da accogliere, come un mare accoglie ogni fiume, contrapposte e poliedriche letture, non esaurendosi in nessuna di esse?
Perché la Santa Crus riesce a coinvolgere totalmente e profondamente tutta la popolazione di Cerveno in modo così viscerale, che puoi vedere lavorare insieme ed impegnarsi sia il comitato cattolico che il laico più intransigente, passando attraverso gli indifferenti e coinvolgendo persino i più disimpegnati?
Belfiore Noemi, decana Presidente del Comitato da tre edizioni (decennali), sostiene che “ad unire tutti è la consapevolezza di assolvere ad un lascito, ad un compito, ad una tradizione che gli istitutori nostri avi hanno voluto si perpetuasse, coinvolgendo ogni singolo cervenese al di là dello status sociale, politico o religioso e culturale di ciascuno. In fondo è l’ancestrale consapevolezza che solo lavorando insieme si persegue al meglio il bene comune, superando i limiti o pregi che ogni persona singola umanamente esprime”.
Così lo sforzo comune di creatività e lavoro si può esprimere nei gruppi delle fioriste o delle sarte che settimanalmente si riuniscono per lavorare al confezionamento degli addobbi di carta crespa ed ai costumi, prendendo occasione per scambiarsi pareri, esperienze e vita vissuta; oppure nel comune impegno nel “fa hò l’ porsèl” rivisitando l’arte norcina tradizionale (personaggio indimenticabile per simpatia e serietà: Dino Salér!…..e che barba quei salami, Noemi).
Così vedi impegnarsi allo spasimo ed insieme tra un lazzo e un tono grave e serioso, sia l’intellettuale che il pratico, la creatività e l’esperienza, la penna e la roncola.
Così da un momento all’altro si crea una squadra di 30 persone che in mezza giornata disboscano ed allestiscono il “Golgota”, tra una sudata ed una presa in giro reciproca…..perché ogni lavoro è buono per uno scherzo, una bevuta e una fetta di salam nostrà in compagnia.
E così si può riprendere confidenza coi paesani, coi piedi sotto il tavolo per due cansosèi o la bar per “il giro del bianco”……
Anna Bonfadini, Sindaco del paese, argomenta che “Santa Crus è l’occasione per ribadire tutti insieme il carattere ospitale e di impegno civico di ogni cervenese, evidenziando arte e cultura e religiosità connaturati al paese ed ai suo abitanti, da sempre. Laboriosità, impegno e giovialità hanno contraddistinto i nostri padri e sono patrimonio che si esprime anche nella Santa Crus. Anche questo e forse soprattutto questo è “cultura” ed opera d’arte quanto le statue del Simoni o la Chiesetta del Carmine o dei Disciplini…”.
Traspaiono così, nel loro interloquire, le caratteristiche ed i valori, palesi o nascosti, che contraddistinguono la Santa Crus: il rispetto ed il rinnovarsi della tradizione trasmessa dai padri; il rispetto per la religiosità e la pietà religiosa popolare; il gusto per l’arte in ogni sua forma; il riconoscimento della forma “teatrale”, dell’esperienza personale e collettiva; il comune impegno civile e quotidiano; il perpetuarsi e rinnovarsi di valori da praticare e da consegnare ai propri figli, il riconoscimento, la condivisione e la trasmissione di un’identità collettiva trasmessa laboriosamente dagli antenati…insomma nella Santa Crus ogni cervenese sente le sue radici (“…e tu ricerchi là le tue radici se vuoi capire l’anima che hai” cantava qualche anno o secolo fa un trobadur bolognese o provenzale…esprimendo la saggezza popolare universale.)
Dino Mondoni, membro del Comitato annota “Santa Crus contiene ed esprime la tradizione dell’autentica cultura popolare fatta di vivere quotidiano e di credo umani, profondamente connaturati alla nostra gente; esprime l’eterno succedersi di vita e di morte, di gioia e di dolore, di impegno e di leggerezza; vi è l’uomo che soffre e gioisce, perseguita ed è perseguitato, che costruisce le croci ma anche gli spazi scenici addobbati e abbelliti con fiori, dase, costumi e teatro; vi è la grandezza e la banalità del vivere e l’aspirazione all’eternità; esprime la sofferenza e la morte del e col Giusto ma è un inno alla vita.”
Santa Crus è un rito e un mito, come alcuni hanno esattamente sostenuto. Ma è un rito e un mito poco o nulla indagato nel senso della ricerca storica ed etnologica e quindi per noi, oggi, poco comprensibile. Proprio per occuparci stabilmente della ricerca e della documentazione in proposito, siamo riusciti finalmente a fondare l’Associazione Santa Crus.
Prima o poi qualche ricercatore farà più luce sulla sua nascita e sui significati profondi (si potrà promuovere una borsa di studio). Ma ciò che viene sempre più chiaramente percepito è la funzione che Santa Crus esercita per Cerveno e che è tipica del rito e del mito dei quali il Pastore della Chiesa d’Inghilterra e grande teologo Edwin Oliver James scrisse: “loro funzione non è tanto quella di registrare avvenimenti passati, quanto di dare ad una determinata comunità la possibilità di affrontare efficacemente le evenienze di ordine pratico che ad essa si impongono ogni giorno, nel difficile mestiere di vivere, spesso, in un ambiante precario e imprevedibile. L’origine si può spesso fa risalire a situazioni storiche e a circostanze critiche e sconcertanti; loro scopo è quello di consolidare la struttura sociale e di stabilire uno stato di equilibrio tra l’uomo e la natura e l’ordine sacro da cui si fa dipendere il benessere umano…esprimono le speranze, i timori e le emozioni più profondamente radicate di una comunità nei confronti dei problemi pratici ed urgenti della vita quotidiana, fisica e spirituale…e tutto ciò che garantisce la salute, la ricchezza, la prosperità nonché l’armonia, la sicurezza e la solidarietà della società stessa…una situazione storica viene così ad essere quasi trasformata in una realtà sempre presente…non solo viene alleviata la tensione emotiva ma viene ingenerata una nuova speranza in rapporto alle vitali, necessità umane…ed alle più profonde realtà materiali (merci di sussistenza, cielo della nascita e della morte nella natura e nell’uomo), spiritualità (che si richiama all’ordinamento divino dell’universo e dei suoi processi) e infine etiche (fornendo ragioni di forza maggiore per il comportamento degli uomini e l’ordinamento della società) …ogni religione vivente deve avere la sua mitologia, perché la mitologia e il linguaggio naturale della religione, così come il rito ne è la drammatizzazione nel culto”. (da “Antichi Dei Mediterranei”, Saggiatore).
Poi provocatoriamente Dino Mondoni conclude “se si riflette su alcuni ‘personaggi strani’ che compaiono come ‘figuranti’ solo nella ‘strana’ Santa Crus di Cerveno e non in altre (chel del mortér, col bricco di vino e fiele, ‘l scaldaciocc, forgiatore di chiodi in ferro dalla faccia sporca di fuliggine come i ferrattieri al maglio, e ‘l lisgia cagnì de le capéle, ragazzino moro che liscia il pelo all’allettranto nero cagnolino) solo parzialmente ripresi dal Simoni nelle Cappelle, si potrebbe ribaltare in senso buono e non polemico ne irriverente, una realtà consolidata. L’idea è che molto prima dell’erezione del Santuario già fosse istituzionale la Sacra rappresentazione della Santa Crus, istituita dai capifuoco della ghibellina vicina di Cerveno in data immemorabile (Barbarossa distrugge Cemmo ed ha capisaldi a Cerveno…dove si rifornisce d’armi e ferrarezze dagli scaldaciocc…). Santa Crus esprimeva religiosamente l’unione dei villici intorno al lavoro comune (vino e grano nel mortér, mucche ed animali da cortile nel lisgia cagnì, vene di ferro e forgiatura nel scaldaciocc….). La costruzione del Santuario accomuna nella religiosità tutta Cerveno ma non può visivamente rappresentare l’atavica anima civile che sopravvive e ancora opera nella attuale Santa Crus. Si spiega così il convivere di due anime, religiosa e laica, in una manifestazione religiosa che tutti coinvolge oggi pacificamente, con reciproco rispetto ed uguale dignità”.
L’attuale concordia degli organizzatori, la calorosa accoglienza riservata dal paese al nuovo parroco Don Guido Menolfi che fin dalle prime battute si è dimostrato in sintonia anche col Comitato, confermano le aspettative di una Santa Crus che ancora una volta assolve al suo compito di mito e rito: cementare la comune identità ideale per affrontare nuovi impegni nella vita sociale di ogni giorno Grande lascito quello degli avi!
Non è tutto, ma in tempi di babele ideale e di conflitti latenti e continuamente riaffioranti nella nostra società dei consumi e della globalizzazione, non sembra affatto poco!
Teatralmente e con sobria compostezza Santa Crus può indicare una strada utile e feconda anche oltre i confini del sacro e della ristretta cerchia geografica del comune.
Cerveno, 25 marzo 2002

15 aprile 2002
DAL NUOVO GOLGOTA CERVENO COINVOLGE E RAPPRESENTA LA VALLE NELLA FEDE, NELL’ARTE, NELLA MEMORIA STORICA ED ETNOLOGICA

“L’esigenza di accogliere alcune decine di migliaia di persone, di garantire loro una corretta accoglienza, ci ha obbligati ad una serie di scelte economiche e finanziarie mai così onerose. Il totale rifacimento dei costumi, corazze, calzari, addobbi, l’allestimento di un Golgota suggestivo, panoramico e “selvaggio”, le esigenze mass-medianiche (videocassette, annullo postale, cartellonistica e depliants informativi), i servizi igienici, i bus-navetta per trasportare pellegrini e spettatori dai parcheggi al centro storico, il servizio d’ordine ed i presidi medici di pronto intervento, l’ordine pubblico, i servizi fotografici, l’assoluto rigore nel non voler trasformare l’evento in una fiera, in mercato o in turismo folcloristico; la volontà di condividere il decennale con tutta la Valle, ci ha convinto a coinvolgere anche gli Imprenditori locali nel sostegno concreto alla Santa Crus, oltre che gli Enti Locali. Alcuni di essi si sono mostrati sensibili e ciò ci onora e ci inorgoglisce perché significa che Santa Crus si conferma patrimonio di tutta la Valle verso il mondo esterno. A tutti i sostenitori dobbiamo un grazie”.
Si esprimono così, con giustificata soddisfazione, Monica Bazzoni e Noemi Belfiore Mondoni, rispettivamente segretaria e Presidente del Comitato Santa Crus di Cerveno presentandoci i posters e depliants dell’evento”.
È appena uscita, fresca di stampa, la nuova immagine della Santa Crus di Cerveno. È tratta dalla comunicazione visiva dovuta alla creatività grafica di Renato Borsoni e Paolo Antonioli. Cartellonistica – posters e depliants illustrativi, contengono un messaggio – chiave nell’abbinamento visivo della Concarena (montagna simbolo di Cerveno) che sovrasta il volto sofferente del Cristo scolpito da Beniamino Simoni nella settima stazione (1757) delle “Capèle” di Cerveno. La Concarena è vita, è Cerveno, e il mondo sotto il quale soffre Cristo e l’umanità intera.
Il Comitato avrebbe voluto introdurre nell’immagine della Santa Crus 2002 anche il dolore al femminile, quasi a voler ricordare che i deboli, donne e bambini, sono ancora oggi, in ogni angolo del mondo, i primi a pagare un insopportabile tributo di sofferenza ogni qualvolta l’uomo opprime o tortura il suo simile o lo discrimina o emargina o irride o ne sminuisce la dignità. Fra le due è prevalso il volto del Cristo perché più immediatamente riconducibile all’evento decennale della Santa Crus.
Il depliants illustrativo, che verrà distribuito in tutta la Valle ed ai partecipanti dell’evento, contiene tutte le informazioni circa il programma, gli orari ed i servizi organizzati nell’intera settimana che va dalla prima Rappresentazione di domenica 12 maggio con i “vecchi attori”, alla seconda di domenica 19 maggio, quando gli interpreti saranno i giovani che subentreranno nei ruoli principali del Cristo, della Madonna, del Cireneo, del “lisgia cagnì”.
Un intenso programma di convegni storici/artistici/teologici e di mostre fotografiche, etnografiche e figurative vedrà impegnati studiosi, artigiani ed artisti.
Anna Bonfadini, Sindaco di Cerveno e Membro del Comitato, insieme a Daniela Bazzoni, ha coordinato l’organizzazione dei convegni “Il Comitato ha perseguito un indirizzo storico/culturale preciso: evidenziare l’arte, la Fede, il quotidiano lavoro dei cervenesi attraverso i secoli. Il prezioso aiuto di Mons. Giacomo Canobbio, delegato Vescovile alla cultura della Diocesi di Brescia, ha consentito un approfondimento teologico, storico, politico sul tema della “Croce” coinvolgendo studiosi e docenti universitari di indubbio valore.
Cerveno continua quindi una tradizione che lo vede da alcuni decenni sede di dibattiti culturali di grande respiro.
Al Comitato va riconosciuto il merito di una attenta sensibilità a tutti i temi connessi alla Santa Crus ed alla comunità Cervenese di ieri e di oggi.
Rebuffoni Giuditta e Dino Mondoni hanno invece curato le varie mostre dislocate lungo tutto il centro storico di Cerveno “Si tratta di oltre trenta mostre tematiche allestite in suggestivi spazi che i privati cittadini ci hanno messo a disposizione aprendo cantine, aie, cucine, solai, stalle, ripostigli databili dal 1400 al 1700, veri gioielli di architettura ed urbanistica rustica locale. Saranno in mostra fotografie sulle storiche edizioni della Santa Crus realizzate a partire dal 1933 da alcuni tra i più famosi e validi fotografi professionisti della Provincia (Pino Veclani, Leonardo Milani, Tito Alabiso, Tiziana Arici, Graziano Filippini)”.
Un ottimo lavoro fotografico di ricerca hanno curato gli alunni delle locali scuole elementari sotto la guida dei propri insegnanti.
Allestite altresì mostre museo sui vecchi costumi, calzari, corazze delle precedenti edizioni.
Sono inoltre presenti personali esposizioni di artigiani camuni del legno, del ferro, del vetro, dei tessuti, di restauratori ed artisti, alcuni già affermati a livello nazionale ed internazionale, (fra i tanti: Lino Rizza, Renzo Gaioni, Gaetano Mirto e i “cervenesi” Pier Octave Fasani e Arturo Belfiore Mondoni).
Notevole spazio avranno inoltre le esposizioni degli oggetti ed arnesi da lavoro della vita di un tempo dei quali molti cervenesi sono gelosi custodi e che saranno ambientati in quadri di vita quotidiana del tempo passato: fienagione, panificazione, sartoria, lavorazione lattiero/casearia, norcineria, viticoltura, allevamento, alpeggio, ferrarezza. Antichi “sapori” della cultura contadina ed artigianale locale.
Antonio Danesi e Gian Franco Costa fanno organizzato i servizi ristori e gastronomici: “inutile sottolineare che i prodotti locali, serviti in uno stand con 300 posti a sedere, saranno: i “casonsei” alla camuna, polenta e baccalà, carne salata, salumi nostrani, trippa, strinù ed altre leccornie per i palati più esigenti. Ottima occasione per unire arte, cultura e cucina.”
Pia Galloni e Donata Laffranchi si sono invece occupate di preparare una task-force di “guide ciceroni” per illustrare lo storico patrimonio artistico delle “Capèle”, della Chiesa Parrocchiale e della Chiesetta dei Disciplini: “Un lavoro rigoroso che garantisce ai visitatori di conoscere e gustare i capolavori di una incredibile serie di artisti che, a partire dal 1400, hanno arricchito case e Chiese di Cerveno con decine di opere d’arte uniche e di valore inestimabile”.
Gian Franco Bettineschi, Responsabile del Gruppo di Protezione civile, insieme a Luigi Mondoni e Cappellini Marco, hanno Coordinato il Servizio d’ordine e di pronto intervento, nonché l’organizzazione dei parcheggi e della viabilità.
Martino Guarinoni, Sergio Salvetti, Giovanni Prandini, Aurelio Pedrali, Domenico Elmetti, Pietro Bazzoni, Francesco e Giovanni Maria Murachelli, Domenico Cappellini, Domenico Bazzoni, Giovanni Mondoni, Martino Cappellini, Marino Bellicini Guido Laffranchi, Costantino Maifredini insieme a tanti altri, hanno curato la preparazione del percorso e degli addobbi; alle donne spetta la parte squisitamente estetica, quella cioè di adornare le vie con migliaia di fiori di carta da loro realizzati nel corso degli ultimi mesi.
Quest’anno dunque alla Santa Crus di Cerveno non si può davvero mancare!

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